IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  13028/97
 proposto  da  Valiani  Anna  Maria,  rappresentata e difesa dall'avv.
 Franco Carrozzo con domicilio eletto nello studio dell'avv. E. Bruno,
 in Roma, viale
  G. Cesare n. 95;
   Contro il Ministero dell'Universita' e della ricerca scientifica  e
 tecnologica  in persona del Ministro p.t.;  l'Universita' degli studi
 di  Bari,  in   persona   del   rettore   in   carica;   il   rettore
 dell'Universita'  degli  studi  di  Bari;    rappresentati  e  difesi
 dall'Avvocatura generale dello Stato, ex lege  domiciliati  in  Roma,
 via dei Portoghesi n. 12; per l'annullamento, previa sospensione:
     a)  del  decreto  del  Ministero dell'Universita' e della ricerca
 scientifica e tecnologica n. 245 del 21 luglio 1997 e del  31  luglio
 1997,  nella  parte  in cui prevedono una limitazione al numero delle
 iscrizioni per i corsi di laurea  e  di  diploma  della  facolta'  di
 medicina e chirurgia, nonche' per i corsi di diploma universitario il
 cui orientamento didattico prevede l'obbligo di tirocinio;
     b)  dei  provvedimenti,  anche regolamentari e di estremi ignoti,
 con cui si  inserisce  nello  statuto  dell'Universita'  di  Bari  la
 facolta'  di  subordinare  le  iscrizioni  al primo anno dei corsi di
 laurea e di  diploma  universitario  della  facolta'  di  medicina  e
 chirurgia  al  superamento  di un esame di ammissione, nei limiti del
 numero dei posti disponibili individuati dalle autorita' accademiche,
 ed ove occorra, dello statuto della predetta Universita' e  di  tutte
 le  delibere comunque limitative dell'accesso ai predetti corsi anche
 per  l'anno  accademico 1997/1998 presso l'Universita' degli studi di
 Bari;
     c) del bando di concorso  con  cui  il  rettore  dell'Universita'
 degli  studi  di Bari ha disposto le modalita'  dell'accesso ai corsi
 di diploma universitario di logopedista della facolta' di medicina  e
 chirurgia  per  l'anno scolastico 1997/1998, nella parte in cui lo si
 subordina al superamento di una prova di ammissione, nel limite di 10
 posti  disponibili,  nonche'  del  predetto  limite  numerico   delle
 iscrizioni;
     d)  di  ogni  altro atto o provvedimento preordinato, collegato o
 conseguenziale, ivi compresi i provvedimenti  e  le  graduatorie  con
 cui,  in  applicazione  delle  norme  e  dei  provvedimenti di cui ai
 precedenti punti, e' stata negata l'immatricolazione della ricorrente
 presso il predetto corso di diploma universitario.
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto l'atto di  costituzione  in  giudizio  delle  amministrazioni
 intimate;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Nominato relatore, per la camera di consiglio del 26 novembre 1997,
 il consigliere Bruno Mollica;
   Uditi, altresi', i difensori delle parti, come da verbale;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto;
                            Fatto e diritto
   I. - Con il ricorso all'esame della sezione la ricorrente investe i
 provvedimenti  specificati in epigrafe nella parte in cui determinano
 la preclusione dell'accesso al corso universitario  cui  la  medesima
 aspira ad essere iscritta per l'anno accademico 1997-98, e ne chiede,
 in  via  incidentale,  la sospensione: su tale richiesta cautelare la
 sezione e' chiamata a decidere.
   Trattasi di corso per il quale l'amministrazione,  attraverso  atti
 regolamentari  e  di  attuazione,  ha imposto consistenti limitazioni
 nelle iscrizioni.
   L'agire  dell'amministrazione   -   in   particolare   il   decreto
 ministeriale  21  luglio  1997, n. 245 ("Regolamento recante norme in
 materia di  accessi  alla  istruzione  universitaria  e  di  connesse
 attivita'   di   orientamento")   -  trova  dichiaratamente  supporto
 normativo nell'art.  9, comma 4, della legge  19  novembre  1990,  n.
 341,  come  modificato dall'art. 17, comma 116, della legge 15 maggio
 1997, n. 127, che ha attribuito  ad  un  atto  emanato  dal  Ministro
 dell'Universita'  e della ricerca scientifica e tecnologica il potere
 di determinare la limitazione degli accessi di cui trattasi.
   Ed  invero,  l'art.  9  cit.,  a  seguito  della  detta   modifica,
 stabilisce  che  il  Ministero  "definisce,  su  conforme  parere del
 C.U.N., i criteri generali per la regolamentazione dell'accesso  alle
 scuole  di  specializzazione ed ai corsi universitari, anche a quelli
 per i quali l'atto emanato dal Ministro preveda una limitazione delle
 iscrizioni".
   La sezione dubita della legittimita'  costituzionale  della  norma;
 pertanto,  ritiene  di dover sollevare, anche d'ufficio per i profili
 non   trattati   dalla   ricorrente,   la   relativa   questione   di
 costituzionalita', per contrasto col principio della riserva di legge
 e, conseguentemente, con gli artt. 33 e 34 della Costituzione.
   II. - La questione appare rilevante sotto un duplice profilo.
   Da  un  lato,  sembra  incontrovertibile  che  la  tutela  cui mira
 l'azione  intrapresa  discende,   nella   specie,   dalla   eventuale
 eliminazione   dalla   realta'   giuridica  della  disposizione  che,
 conferendo il detto potere all'amministrazione, consente alla  stessa
 di  precludere  o  limitare  l'accesso ai corsi universitari: si' che
 viene a configurarsi un'assoluta priorita'  -  anche  in  ragione  di
 principi  attinenti  all'economia  di giudizio - di trattazione della
 detta questione. E' infatti evidente che la caducazione  delle  norme
 che consentono al Ministro dell'Universita' di porre limitazioni alle
 iscrizioni   consentirebbe   la  soddisfazione  piena  dell'interesse
 dedotto  in  giudizio  dalla  ricorrente,  consentendo  alla   stessa
 l'iscrizione  al  corso  senza  sottomettersi  a procedure selettive,
 mentre  le  altre  censure  sollevano  questioni  che,  ove  fondate,
 assicurerebbero  un grado minore di soddisfazione all'interesse della
 ricorrente,  e  si  presentano  subordinate  all'esito  eventualmente
 negativo dell'incidente di costituzionalita'.
   Dall'altro,  la  indicata  rilevanza  deve  ritenersi configurabile
 anche  nella  presente  fase  cautelare,  atteso  che  il  dubbio  di
 costituzionalita'  in ordine alla norma precitata, che costituisce la
 fonte  del  potere  nella  specie  esercitato   dall'amministrazione,
 preclude  al  collegio  una  pronuncia,  sia pure in sede di sommaria
 delibazione, sull'esistenza o meno del fumus della pretesa  azionata,
 non  potendo tale valutazione essere svincolata dalla decisione della
 Corte sulla portata della norma sottoposta al suo esame.
   III. - La questione appare altresi' non manifestamente infondata.
   Ritiene la sezione che, in materia di  accesso  agli  studi,  anche
 universitari, sussista in base agli artt. 33 e 34 della Costituzione,
 una riserva relativa di legge, con la conseguenza che, in mancanza di
 norme   legislative   che  attribuiscano  all'amministrazione  -  nel
 rispetto dei caratteri costitutivi della riserva stessa -  il  potere
 di  stabilire  limitazioni alle iscrizioni ai corsi, devono ritenersi
 illegittimi i provvedimenti regolamentari o di  attuazione  che  tali
 limitazioni prevedano.
   La  configurabilita',  nella  materia,  di  una riserva relativa di
 legge costituisce  ius  receptum  nella  giurisprudenza  del  giudice
 amministrativo  (in  tal  senso, t.a.r. Lazio - III sezione, 3 aprile
 1996, n. 763 e 14  settembre  1994,  n.  1632;  t.a.r.  Toscana  -  I
 sezione,  24 aprile 1997, n. 78; t.a.r. Veneto - I sezione, 13 giugno
 1992, n. 222 e II sezione, 13 giugno 1997, n. 1015; t.a.r. Liguria  -
 II sezione, 21 marzo 1995, n. 197).
   Ed  invero,  e'  l'art.  33,  secondo  comma,  della Costituzione a
 stabilire espressamente che "la Repubblica detta  le  norme  generali
 sull'istruzione  e istituisce scuole statali di ogni ordine e grado",
 nel quadro di quella previsione del successivo art. 34, primo  comma,
 che  sancisce  che  "la  scuola  e' aperta a tutti" (e che ha trovato
 attuazione, per le Universita', con la legge  11  dicembre  1969,  n.
 910).
   E  laddove  il  legislatore  ha  ritenuto di introdurre limitazioni
 all'accesso,  vi  ha  provveduto,  di  norma,   direttamente   (basti
 ricordare  l'art.  24, secondo comma, della legge 7 febbraio 1958, n.
 88, che, in  ordine  all'iscrizione  al  primo  anno  degli  Istituti
 superiori   di   educazione   fisica,  prevede  un  numero  di  posti
 determinati da assegnare mediante concorso per esami; l'art. 3  della
 legge  21  luglio  1961, n. 685, che limitava l'accesso dei diplomati
 degli Istituti tecnici a determinate facolta' per gli anni accademici
 dal  1961/62  al  1964/65,  per  un numero predeterminato di posti da
 assegnare mediante concorso per  titoli  ed  esami)  ovvero  mediante
 attribuzione  del  relativo  potere  alla p.a. nell'ambito, peraltro,
 fissato dalla legge stessa (ci si riferisce,  ad  es.,  all'art.  38,
 legge  14 agosto 1982, n. 590, con cui, al fine di consentire l'avvio
 programmato dei corsi di laurea, si e' attribuito all'amministrazione
 universitaria  il  potere  di  determinare,  peraltro  con   espressa
 limitazione  temporale - ai primi sei anni successivi all'attivazione
 di ciascun corso di laurea - il numero massimo delle iscrizioni).
   Orbene, la previsione costituzionale di riserva relativa  di  legge
 per  una determinata materia non preclude al legislatore ordinario di
 demandare ad altre fonti sottoordinate la  disciplina  della  materia
 stessa,  consentendo  anzi  che  il  precetto  espresso  dalla  norma
 primaria possa essere integrato da atti di normazione secondaria  che
 lo  rendano  meglio aderente alla multiforme realta' socio-economica,
 ma cio' e' possibile solo  previa  determinazione  di  una  serie  di
 precetti  idonei  ad indirizzare e vincolare la normazione secondaria
 entro confini ben  delineati  o,  quantomeno,  previa  determinazione
 delle linee essenziali della disciplina stessa.
   In  proposito,  e'  costante l'insegnamento del giudice delle leggi
 sulla necessita' che non "residui la possibilita' di scelte del tutto
 libere e  percio'  eventualmente  arbitrarie  della  stessa  pubblica
 amministrazione,   ma   sussistano  nella  previsione  legislativa  -
 considerata nella complessiva disciplina della materia - razionali ed
 adeguati criteri" (Corte costituzionale 5 febbraio  1986,  n.  34,  e
 giurisprudenza  ivi richiamata:   sentt. nn. 4, 30 e 122 del 1957; 70
 del 1960; 48 del 1961; 72 e 129 del 1969; 144 del 1972; 257 del 1982;
 ordd. nn. 31 e 139 del 1985).
   Se cio' e' vero, la disposizione dell'art. 9,  comma  4,  legge  n.
 341  del  1990,  come  modificata dall'art. 17, comma 116, non sembra
 esente da precitati profili di incostituzionalita'.
   La norma, invero, conferisce al Ministro, come gia'  ricordato,  il
 potere  di  determinare  la  limitazione degli accessi all'istruzione
 universitaria, e cio' fa non solo senza alcuna  individuazione  delle
 linee  essenziali  della disciplina - pur vertendo in materia coperta
 da riserva di legge - ma addirittura attribuendo al Ministro  stesso,
 con  l'ausilio  di  altro  organo  dell'amministrazione  (C.U.N.), la
 stessa definizione dei  "criteri  generali  per  la  regolamentazione
 dell'accesso corsi universitari".
   Sembra   pertanto   ipotizzabile   la   violazione   del  principio
 costituzionale  della  riserva  relativa  di  legge;  il  che  sembra
 comportare  altresi' la violazione, mediante l'adozione di meccanismi
 di produzione giuridica non conformi al dettato  costituzionale,  del
 principio della tutela del diritto allo studio, postulato dagli artt.
 33 e 34 della Costituzione.
   IV.  -  Per  le  considerazioni  che precedono, va conseguentemente
 sollevata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  9,
 comma  4  cit.,  per  contrasto  col  principio  costituzionale della
 riserva relativa di legge  nonche'  con  gli  artt.  33  e  34  della
 Costituzione.
   Va  disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli  atti  alla Corte
 costituzionale, con conseguente sospensione  del  giudizio  ai  sensi
 dell'art.  23,  legge  11  marzo  1953, n. 87, per la pronuncia sulla
 legittimita' costituzionale della suindicata norma.